Due divise per un eroe

Breve storia di Felice Milano, campione nei campi di gioco e in quelli di battaglia.

Felice Milano con la squadra della Pro Vercelli (1907 – 1913)

In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato.”
Così parlava il filosofo Bertrand Russell.

Il XX secolo, concluso da qualche anno, ci ha mostrato un mondo nuovo, un mondo senza certezze, in continuo cambiamento. Abbiamo assistito al nuovo corso, ad una nuova fisica, a uomini fluttuare nello spazio e cellulari che scattano foto. Abbiamo assistito ad abiti femminili che si facevano sempre più corti e capelli maschili che si facevano sempre più lunghi, abbiamo cantato canzoni che i nostri coetanei cantavano dall’altra parte del globo. Nessuna certezza: abbiamo visto la “nostra” pizza contaminata da wurstel e patatine fritte e quest’estate abbiamo assistito a un Mondiale di calcio senza la Nazionale Azzurra. Gli appelli dei vari dirigenti federali sono simili tra loro: “Ripartire dal basso, dai campetti di periferia”… Io farei un ulteriore passo indietro, ripartirei dalle strade dei nostri paesi, strade che fino a non troppo tempo fa ospitavano partite di piccoli fenomeni dalle ginocchia sbucciate e pronte a scappare via al rimprovero di qualche anziana signora che vigilava l’incontro da dietro la finestra di casa, strade di paesi che hanno dato i natali a campioni. È il caso di una strada valentanese, precisamente quella che all’epoca dei fatti era chiamata Via Umberto I , ora Via Antonio Gramsci o se proferite il vernacolo la Via de Mezzo, dove nasceva  il 23 maggio 1891 Felice Milano  futuro azzurro e plurimo campione d’Italia. Figlio di Giovanni (classe 1855) e Antonietta (1857), Felice nacque a Valentano per motivi lavorativi del padre: Giuseppe infatti era delegato di Pubblica Sicurezza e fu trasferito presso la Regia Pretura e il Carcere Mandamentale nel paesino Alto Laziale provenendo da Massa Lombarda. Non sappiamo per quanto tempo i Milano risiedettero a Valentano ma sicuramente i fratelli minori di Felice, Aldo (1896) e Remigio (1899) nacquero a Revere (Mantova). Grazie al Liber Baptistorum conservato nella Chiesa Parrochiale di San Giovanni, conosciamo l’ora di nascita del futuro calciatore -le 12- e gli altri nomi assegnategli: Antonio, Luigi, Aristide e Valentino. Dall’ atto di battesimo, inoltre, è stato possibile risalire al nome della madrina di Felice, Linda Laus originaria di Pisa come suo marito Ferruccio Bartorelli,Cancelliere della Pretura e collega di lavoro di Giovanni. I coniugi Bartorelli erano i vicini di casa della famiglia Milano, occupavano infatti un appartamento ubicato nello stesso palazzo dove nacque Felice, e che con buona probabilità ospitava i dipendenti degli uffici mandamentali. Questo palazzo sembrerebbe riconducibile a quello attualmente posto al numero 59 di Via Antonio Gramsci.

Atto di nascita di Felice Milano anno 1891

Quella dei fratelli Milano fu una “Dinastia di Calciatori”: il maggiore Giuseppe (1887) era noto come Milano I per distinguerlo dal fratello più giovane Felice (ribattezzato Milano II o più affettuosamente Milanino) e fu un centrocampista della Pro Vercelli e della Nazionale con la quale giocò 11 incontri, tutti con la fascia da capitano, e con la quale partecipò ai Giochi Olimpici del 1912. Il “valentanese” Felice giocava come terzino ed ala della Pro Vercelli prima e Alessandria poi, vantando 5 presenze con la maglia azzurra. Con la maglia dei Leoni e sotto la guida tecnica del fratello maggiore (che ricopriva il ruolo di giocatore-allenatore), Felice conquistò la bellezza di 5 campionati: 1908,1909,1910-11, 1911-12, 1912-13, per un totale di 90 partite condite da 35 gol. I più giovani Aldo (Milano III) e Remigio (Milano IV) erano entrambi centrocampisti e come i fratelli maggiori militarono nella compagine piemontese della Pro Vercelli, all’epoca regina indiscussa del calcio italiano.

Il Campionato 1914-15, vinto dai Grifoni del Genoa, fu l’ultimo torneo disputato da molti giovani sportivi che videro sostituire il furore agonistico dei campi di calcio al furore dei campi di battaglia, dal fango delle pozzanghere del rettangolo di gioco a quello delle trincee della Grande Guerra. Tra le migliaia di vittime che la guerra ha mietuto spicca anche quella del Caporale Felice Milano: non rientrò da una mischia con il nemico, i commilitoni credettero per cinque mesi che fosse stato fatto prigioniero ignorando che “Milanino”fosse caduto proprio lì, a Zagora (oggi Slovenia), nel fronte dell’Isonzo. La Gazzetta dello Sport riportò che Milanino cadde durante un tentativo di fuga dalla prigionia austro-ungarica. Era il 15 Novembre del 1915.

Felice Milano (primo in basso a sinistra) con la squadra Pro Vercelli (1907 – 1913)

Il fratello Aldo, anche lui combattente del primo conflitto, morirà tragicamente nel 1921 colpito da pallottola mentre con un manipolo di commilitoni tentava di vandalizzare una lapide socialista che condannava la guerra. La sede fascista di Vercelli, fu per questo intitolata al Milano III anche se è doveroso ricordare che non fu mai iscritto al PNF.

La questione delle lapidi è un altro capitolo della famiglia Milano: nel monumento dedicato alle vittime della Grande Guerra di Valentano ubicato a Piazza Cavour, nella sede Comunale, mancano nella lista dei caduti i nominativi di 5 sfortunati soldati tra i quali svetta proprio Felice Milano.

Wiston Churchill diceva “Gli italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio, e le partite di calcio come fossero guerre”, beh… Felice Milano vinse tanto in campo e a guerra finita entrò nella storia dalla parte dei vincitori, ciò che perse invece fu la vita, ovvero la possibilità di giocare il match più importante e magari quello di realizzare un obbiettivo (“goal” in inglese).

 

Concludo questo breve articolo ringraziando pubblicamente Padre Vincent che ha aperto le porte dell’Archivio Parrocchiale, concedendomi la possibilità di consultare fonti inedite. 

Fabrizio Mancini

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