GIOCHI (DI)VINI

Anche agli antichi piaceva bere e divertirsi… Rigorosamente insieme.
Nell’Antica Grecia l’occasione migliore per incontrare “gente di un certo livello” era il simposio (da syn = con e posis=bevanda, cioè bere insieme), un banchetto a cui prendevano parte aristocratici, politici, etere e poeti. Il vino, che non veniva mai bevuto puro ma mischiato ad acqua secondo precise proporzioni, era non solo usato per dimenticare insieme alla comunità dolori e preoccupazioni, ma anche per gareggiare e divertirsi con gli altri.

Uno dei giochi più in voga era il cottabo: a fine serata quello che rimaneva sul fondo della propria tazza (kylix) veniva lanciato all’interno di un cratere più grande per colpire i vasi più piccoli in esso contenuti. Chi riusciva a prenderne di più saliva sul podio e otteneva farina, uova o presagi amorosi, oltre che ad eterna fama.

I maggiori esperti di cottabo (atleti professionisti) furono i Greci della Magna Grecia e fu proprio da qui che gli Etruschi ereditarono l’usanza inventandone una nuova versione, più difficile e, perciò, più divertente: il bevitore doveva lanciare il fondo della tazza contro un’asta verticale all’estremità della quale si trovava un piattello in bilico: il gioco riusciva se quest’ultimo cadeva sopra un altro disco “mediano” rigido.

Vaso etrusco a figure rosse, Museo Archeologico di Bologna

L’importanza che il vino ha avuto anche nei secoli e millenni successivi è sotto gli occhi (e le orecchie) di tutti: fino a qualche decennio fa nelle zone contadine come le nostre si poteva ancora sentire la filastrocca ginnaro n’genera, febbraro n’tenera, marzo abbotta, aprile sbotta, maggio spanne, giugno ‘ntosta, lujo allega, agosto ‘ngrossa, sittembre arrossa, ottobbre smossa, nuvembre sfoja, decembre spoja che sottolineava l’importanza della bevanda dionisiaca nella scansione del ritmo annuale.

Continua ad essere una tradizione consolidata nel nostro paese il consumo di vino in determinati contesti rituali: davanti al fuoco di Sant’Antonio (17 gennaio) che inaugura il carnevale e davanti all’aratro dopo la tiratura del Solco Dritto per la Festa della Madonna Assunta (15 agosto).

E i bar, aperti ogni giorno, ci ricordano che ancora oggi brindare con gli amici è un’abitudine sociale affermata e quasi scontata (così come è scontato che anche le donne possano bere: nell’antica Roma erano concessi loro solo i dulcia, vini non fermentati).
Una tradizione soppianta l’altra, ma ne eredita una fetta importante: forse non è un caso che il Summer Fest si svolga proprio laddove fino a qualche anno fa si trovavano le cantine scavate nel monte, luoghi di ritrovi Valentanesi freschi ed ebbri.

Fabrizio Mancini

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